Keido

Keido significa mite, la mitezza non è umiltà ma forza adeguata. Il Keido è una variante del Judo, nasce dal Judo, si sviluppa cambiando l’intenzione, per poi ritrovarsi nel Judo. Non vuole essere una superba critica al Judo, è una “flessibilità” per adeguarlo al nostro qui ed ora di questo 2022, difficile. Nel Judo mettiamo le radici, e i rami e le foglie sono nel Judo. Cambio qualcosa nel tronco per avere frutti diversi. Dalla competizione del combattimento alla cooperazione della ricerca. Per poi tornare anche al combattimento. Il frutto che cerco di aiutare a nascere è un essere con un comportamento ispirato a un senso di paziente e benevola umanità. E’ prima un’azione e poi un pensiero. In un mondo dove si parla troppo, è un'inversione di paradigma necessario. E’ una visione che può essere traslata per analogia sulle altre esperienze della vita. E’ la scelta di proiezione verso un passato che ha visto i valori umani depotenziati dalla paura del risultato della competizione. E’ contrario alla visione darwinista dove l'evoluzione delle specie è dovuta alla lotta per la vita (o selezione naturale), per mezzo della quale solo i più forti sopravvivono. L’essere umano è libero di scegliere di creare e cocreare, se si mette in condizione di comprendere un fenomeno. Se ha fede nel lavoro, interiore ed esteriore, e nella relazione con l’altro dove sperimenta l’intelligenza (intus legere: leggere in profondità e intra legere: leggere tra le relazioni). L’essere umano è libero di cooperare intelligentemente per migliorare.
Anche il Keido trae energia dal principio acqua focalizzandosi sul lago, l’ambiente mite dove l’acqua dolce e la terra si scambiano benessere reciprocamente, creando un’armonia di unione che sarebbe preclusa ad uno solo. Come tori (colui che dona la tecnica) e uke (colui che riceve la tecnica) l’acqua dona vita alla terra che accoglie e incornicia la pace. La gratitudine va al lago di Bracciano, un enso che nasce ogni giorno, meravigliandoci per la sua eterna bellezza in continuo cambiamento. Per questo motivo il Keido l’ho definito hari Judo: il Judo del lago.

Restano i valori di fondo del Judo: amicizia e mutua prosperità, insieme per progredire (ji ta kyo ei); e il miglior utilizzo dell’energia: massima efficacia col minor dispiego di energia (sei ryoku zen yo).

Cambia l’intenzione: da velocità potenza e controllo, presupposti per avere l’ippon individuale nel Judo, travisati in questo mondo arrivista dove il fine giustifica i mezzi a discapito dell’altro, a bellezza, adeguatezza e rispetto, intenzione di tori e uke per avere l’ippon di coppia nel Keido. Non si proietta o si precipita: ci si adagia. Per questo si pratica da 0 a 100 anni.

L’ambiente in cui si agisce il Keido parte dalla meditazione, anzi dall'azione+medita, non è il combattimento dello shiai e neanche il copione del kata. E’ quello dello yaku soku geiko della ricerca dell’opportunità, ma inserito in un processo di sviluppo progressivo, in alternanza e alleanza tra tori e uke. Tori e uke non hanno un accordo prima dell’inizio del Keido, in quanto non sanno chi sarà il compagno di pratica, ma hanno un cerimoniale di rispetto fatto di seiza e zazen per ascoltarsi nelle proprie tecniche preferite, osservare il compagno nelle sue caratteristiche fisiche, scegliere le tecniche waza più adeguate alla situazione, sia per donare la tecnica che per riceverla, ed esprimere la bellezza che dona piacere a chi osserva con attenzione il Keido, che per essere rispettoso deve essere vero, lento, centrato. Il contrario di quanto richiesto dall’altro mondo per essere vincenti.

Vero perché la mancanza di verità compromette la bellezza e il rispetto.

Lento perchè tutti lavorano con tutti: bambini e adulti, alti e bassi, magri e robusti, maschi e femmine, campioni e principianti; la lentezza genera lo spazio per l’azione adeguata, allena l’attenzione senza il doping della velocità, migliora la comprensione, evita i traumi, potenzia i corpi nella ricerca degli equilibri progressivi, facilita la reciproca conoscenza.

Centrato perché sposta il focus dell’attenzione dalla ricerca della vittoria nel conflitto all’ alleanza per una reciproca soddisfazione. L’azione è centrata come un punto fermo in movimento: un ki silenzioso (più facile da fare che da spiegare).

Ogni pratica di Keido si conclude con l’abbraccio tra i due esecutori.

Struttura del Keido:


Perchè non l’ho chiamato Mitezza in italiano? Legittimo pensiero, il mio vuole essere un grazie al Giappone e al veicolo evolutivo che il fondatore del Judo, Kanō Jigorō Shihan, ci ha lasciato come eredità per un mondo migliore.

Bracciano, 2/2/2022
Cristiano

Gratitudine

Dedico questo mio lavoro a mia moglie Laura, per la sua bellezza e il suo mite conforto, a Diego e Paolo, figli amati, a Giuseppe, papà, a Michela per esserci, a Francesco per la meraviglia, a Stefano per la fratellanza, a Luca per il coraggio, a Diego per l’unicità, a Gaia per la femminilità, a India per la sorridente curiosità, a Sara per la tenace tenerezza, a Daniele per la regalità, a Mattia per i suoi fantastici capelli neri, a Sofia per la dolce grinta, a Paolo per la capacità di mettersi in gioco, a Oliver per i suoi occhi pieni di storie, a Simone per le facce buffe, a Vittoria e Luna… quando vengono. A tutti, atleti, genitori, amici, per l’impegno nel presente. A tutti i praticanti che verranno. Al Maestro Nello Piccheri, a mamma Claudia, Giorgio, Roberto, Ruggero, Davide, Alessandro, Federico, Simone, Silvia, Paolo, Antonio, Andrea, Andrea, Gianluca, Riccardo, Simona, judoka del mio passato.