Judo

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dal libro: Fondamenti del Judo del fondatore Jigoro Kano
Il judo non è un esotico sport di lotta, ma è una disciplina educativa.

Jigoro Kano ha assistito da un osservatorio privilegiato all’avanzare della civiltà «bianca». Ha visto il suo Paese rinnegare la tradizione a favore delle tecniche commerciali, dei modi di vita, degli aggressivi princìpi industriali occidentali.
Si è permesso di ammonire: «Abbiamo avuto tutto dall’Occidente senza offrire alcunché in cambio; questo potrebbe esserci un giorno rimproverato, facendoci vergognare. Come il Giappone potrebbe contribuire alla civiltà mondiale? Con l’idea di educazione».

La sua proposta pedagogica consiste nell’accettare un principio morale universale. Le attività giovanili (sport, scuola, oratorio, boy-scout… di cui il judo è solo un esempio) dovrebbero potenziare il senso sociale e scoraggiare quello egoico facendo sperimentare in corpo, mente e cuore il miglior impiego dell’energia, che subito si trasforma in «tutti insieme per crescere e progredire». Questi giovani potranno in seguito prendere visione delle proprie tradizioni religiose, etniche e politiche, arrivando a litigare per l’affermazione delle idee, ma non a uccidersi come oggi avviene negli oltre quaranta conflitti in atto al mondo.

Il suo sforzo per portare nella scuola gli ideali elitari della «Via» (che è poi un’educazione permanente, a tutte le età) è stato sfruttato da chi è riuscito a imporre al movimento judoistico i cosiddetti «campionati». Amaramente il Fondatore del judo scriveva nel 1935:
«Torno da un viaggio in Europa; non sono stupidi gli occidentali e se il Giappone continua sulla strada che ha imboccato, potrebbe darsi che un giorno il vero judo venga reimportato nel suo Paese di origine».

Morì prima della guerra, e nel 1948 la sua creatura fu ceduta al nuovo governo per farne lo sport nazionale che doveva promuovere all’estero l’immagine del Paese, dopo la disfatta della seconda guerra mondiale; in questo modo il judo si diffuse nel mondo con un’impronta mutuata da altri sport.
Oggi l’ostinazione dei «tradizionalisti» ha riportato alla luce i suoi scritti che servono a provare quello che tutti sospettavamo: che il judo è «anche uno sport», ma soprattutto è educazione, che sconfina nell’etica e ci offre speranza, perché «il futuro è un drammatico confronto tra il caos e l’educazione».

Jigoro Kano nasce a Mikage il 28 ottobre 1860 da una famiglia benestante; dopo aver studiato all’Università di Tokyo che dopo la Restaurazione del 1868, formerà la classe dirigente giapponese, il professor Kano si dedica ufficialmente a costruire il sistema scolastico giapponese; e privatamente a riformare il jiu-jutsu — arte dell’adattabilità — alle cui visioni formative vuole aggiungere un principio morale universale — il miglior impiego dell’energia —, trasformando la «difesa personale» nella disciplina educativa del Judo (Via dell’adattabilità).

Il pubblico e il privato finiscono per confluire perché, progredendo nella carriera, Jigoro Kano ha occasione di esporre le sue intuizioni pedagogiche e di farle inserire nei programmi scolastici nazionali.

Tra il 1889 e il 1920 Kano svolge per il governo numerosi incarichi di fiducia. Studia un progetto di scolarizzazione per la Cina e successivamente organizza gli studenti di quel Paese in Giappone; divenuto presidente del Comitato Olimpico nazionale e preside di numerosi licei, progetta l’itinerario di studio di alcune facoltà universitarie tra cui quella di Educazione Fisica. 

Muore il 4 maggio 1938. Ottiene, postumo, il secondo rango imperiale altissima onorificenza che si ottiene per i servizi resi dell’Imperatore.